Di Eleonora Montani
Come la millenaria tradizione yoruba, sorta nei Paesi dell’Africa occidentale, ha influenzato e continua a influenzare la cultura latinoamericana? Un focus storico, artistico e musicale sul mondo yoruba in iberoamerica e, in particolare, a Cuba. A completare il quadro, un’intervista ad Alessia e Daniele, organizzatori e direttori artistici del “Festival della Cultura Cubana” di Montesilvano, che raccontano delle tradizioni yoruba nel contesto contemporaneo.
“En 1400 llegó Colón y descubrió esta hermosa isla
Donde habitaba la raza india, la que con el tiempo exterminó… Abusadores.
Llegó la raza africana y la mezclaron con la española,
Nació la mulata criolla, la Cubana”
Nel testo di “Somos cubanos” di Juan Formell, brano celebre negli ambienti delle danze caraibiche, si racconta il processo creatore di una nuova “raza”, quella cubana, nata dall’incontro tra la popolazione africana, deportata sull’isola nella secolare tratta atlantica degli schiavi, e la popolazione di origini iberiche già residente nel Caribe, a sua volta emblema dello sterminio degli indigeni perpetrato dalle potenze europee conquistatrici.
La mescolanza (“mezcla”) coloniale tra la realtà africana e quella dei Paesi dell’America Latina non diede semplicemente vita a una nuova etnia, bensì portò all’unione di culti, credenze e tradizioni, tutt’oggi alla base dei costumi sociali latinoamericani. Una su tutti: la tradizione yoruba.
L’anima degli Yoruba, un popolo di oltre 50 milioni di persone residente in Africa occidentale, perlopiù in Nigeria, Benin, Togo e Ghana, si rintraccia nell’insieme dei suoi culti religiosi e delle sue tradizioni artistiche e musicali. Il termine “yoruba” trae origine da una parola araba utilizzata per riferirsi agli “Oyo”, uno dei gruppi etnici principali della Nigeria.

Fino alla prima metà dell’Ottocento il concetto di “popolo yoruba” non esisteva: i membri della comunità, infatti, non si consideravano un’unità politica o culturale e costituivano una porzione ridotta degli africani venduti come schiavi. La situazione mutò drasticamente dopo la caduta dell’impero Oyo (il cui declino ebbe inizio nel 1789 con l’assassinio del sovrano Oba Abiodun) che, contestualmente all’aumento della domanda di schiavi dal Nuovo Mondo, contribuì alla deportazione massiccia di cittadini yoruba dall’Africa e alla loro coesione sociale.
La religione yoruba si basa sul culto delle divinità Orixas (Orishas), spesso associate a elementi della Natura, le quali assumono “cammini” diversi corrispondenti alle differenti connotazioni di ogni santo.
L’ampia espansione della religione Orisha nel Novecento, soprattutto in Brasile e a Cuba, trovò terreno fertile nelle grandi rivoluzioni politico-sociali del periodo (si pensi alla Rivoluzione cubana del 1959) e alla conseguente creazione di una nuova coscienza nazionale, secondo cui il senso di sé e della propria comunità va ricercato ben oltre i propri confini territoriali.
Rappresentazione di questo cambio di paradigma è la nascita del Conjunto Folklórico Nacional de Cuba, fondato il 7 maggio 1962 a L’Avana con l’obiettivo di salvaguardare la danza e le tradizioni musicali cubane e rivendicare le radici africane della cultura dell’isola.
Nell’atto costitutivo del Conjunto si legge che il suo impatto “sulla vita sociale e culturale ha contribuito al superamento delle diverse forme di razzismo ereditate dal passato” e nel suo primo programma operativo si evidenzia la funzione di catalizzatore all’interno del proprio repertorio di tutte le manifestazioni artistiche cubane, da quelle della tradizione africana legata alle danze yoruba, alle manifestazioni folcloristiche creoleper arrivare alla sintesi dell’arte definita “definitivamente cubana”.
“Il senso di appartenenza dei cubani alle proprie radici africane è molto forte”. A parlare sono Alessia e Daniele, insegnanti di danze caraibiche, organizzatori e direttori artistici del “Festival della Cultura Cubana” di Montesilvano, in Abruzzo, giunto ormai alla nona edizione, che annualmente, riunendo artisti di fama nazionale e internazionale, si pone come finalità quella di diffondere la cultura, la musica e, in particolare, la danza afrocubana.

Ci spiegano che le divinità Orisha, caratterizzate da un forte sincretismo cattolico, erano originariamente oltre 500 e si narra che, a causa dello sterminio della popolazione africana durante la tratta schiavistica, a Cuba di queste ne arrivano circa quindici. È possibile approfondire la storia degli Orishas nei patakín, racconti mitologici o “Storie Sacre”, fondamentali per la divinazione yoruba.
Ad ogni Orisha appartengono canti, “toques” (suoni) e passi di danza differenti, a seconda delle caratteristiche espresse da ognuno. Nella rappresentazione teatrale la piramide gerarchica attribuisce un ruolo di primaria importanza al canto, successivamente alla musica e, infine, alla danza. La funzione della danza religiosa, ossia connettere i vivi al mondo ultraterreno, risiede nell’aché, il dono, la forza motrice, l’energia che, attraverso la musica e il ballo, consente tale connessione.
Obatalá, simbolo di pace e saggezza, padre dell’umanità, è certamente da annoverare tra le principali divinità Orisha. Accanto a lui, merita menzione la trilogía de los Guerreros: Elegguá, “l’inizio e la fine”, padrone dei destini umani, Ogún, il guerriero lavoratore del ferro, protettore dei medici e dei lavoratori ferroviari e Ochosi, il cacciatore. Changó, la figura del re, simbolo di rispetto e virilità, incarna un personaggio realmente esistito, sovrano della città di Oyo.
Ad ogni Orisha vengono associati un numero e un colore. I passi di danza differiscono in base alla divinità rappresentata e ai suoi attributi: la danza in onore di Yemaya, madre del mondo e divinità del mare, prevede movimenti più ampi rispetto alla danza di Ochún, simbolo della bellezza e divinità fluviale, che richiama le onde del mare, più estese dei moti del fiume.
Dalle parole di Daniele e Alessia emerge la profonda conoscenza e partecipazione diretta e attiva alle tradizioni yoruba, oltre alla volontà di diffusione di questo sapere ancestrale, non sempre di facile accettazione dalla moltitudine. Ciò che resta, a seguito dell’immersione in un universo così composito e affascinante, è la forza dell’innegabile legame tra l’area africana e quella latinoamericana, due versanti del mondo molto più interconnessi di quanto, spesso, si possa immaginare.
Foto di apertura: Esibizione dell’artista (Mireisi Muchuli Morales) al Festival della Cultura Cubana, 2019.