Iniziano ad emergere i particolari dell’accordo in via di definizione tra Ruanda e Israele per l’invio nel paese africano dei migranti, di origine soprattutto sudanese ed eritrea, che il governo di Tel Aviv espellerà dal suo territorio.
L’esistenza di una trattativa in merito era stata confermata il mese scorso dallo stesso presidente ruandese Paul Kagame, ma finora non c’erano informazioni sulla contropartita offerta a Kigali. Nuovi elementi sono però stati diffusi dalla rivista JeuneAfrique, che parla di “sovvenzioni sull’acquisto di tecnologie israeliane, in particolare agricole” per un valore di “milioni di dollari”.
Da parte sua il ministro israeliano dell’Interno, Gilad Erdan, si è limitato a specificare le condizioni offerte ai migranti nell’ambito di questi accordi definiti ufficialmente di “rimpatrio volontario”, che oltre al Ruanda riguardano anche l’Uganda. A chi lascerà Israele, ha spiegato l’esponente dell’esecutivo, verranno pagati “un biglietto aereo e 3.500 dollari”.
Sul tema, tuttavia, è arrivata anche la denuncia di un gruppo di organizzazioni non governative. Secondo un rapporto curato dalle associazioni a favore dei rifugiati Assaf e Hotline for migrant workers, infatti, gli africani espulsi da Israele andrebbero incontro ad abusi nei paesi di destinazione.
Privati del visto appena arrivati all’aeroporto, i migranti non avrebbero – secondo le testimonianze raccolte – altra possibilità, dopo le prime due notti di soggiorno pagate dallo stesso governo israeliano, che vivere in clandestinità o tentare il viaggio verso un altro paese disposto a concedere asilo, finendo nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Le ong chiedono dunque alle autorità di Tel Aviv di rendere pubblici i dettagli degli accordi con Rwanda e Uganda e di valutare la “legalità e la moralità” delle operazioni di ‘rimpatrio volontario’.
(06/05/2015 Fonte: Misna)
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