Marocco, turismo stupefacente

di Enrico Casale
Marijuana

D’accordo è illegale. La legge la proibisce. Ma per il Marocco la marijuana e l’hashish sono un business. E non si parla solo del commercio con l’Europa (di cui è uno dei maggiori fornitori), ma anche del «turismo» che la produzione di cannabis stimola nel Paese. Centinaia di europei (e non solo) visitano il Marocco proprio perché sanno che lì trovano «erba» buona da fumare.

Il Marocco settentrionale è un centro di produzione chiave per «il fumo». Sebbene la legge marocchina ne vieti la vendita e il consumo, ciò non ha impedito agli agricoltori di coltivare vaste piantagioni, che garantiscono un reddito a 90mila famiglie (secondo le cifre ufficiali del 2013, le ultime disponibili). Il fumo è considerato parte della cultura locale ed è ampiamente tollerato dalle autorità.

Il fenomeno del turismo per lo spinello non è nuovo. «Le persone sono attratte dalle montagne, dalle escursioni, dal clima – ha spiegato all’Agenzia France Presse un ristoratore -, ma, già dagli anni Sessanta, le regioni settentrionali sono anche famose per la cannabis. Allora arrivavano molti hippy che cercavano una vita diversa. In seguito, le autorità hanno stretto le maglie e lentamente il flusso di turisti è svanito. Alla fine degli anni Novanta le guide turistiche consigliavano di evitare del tutto la regione e il turismo ha subito un brusco calo».

Recentemente, però, i turisti sono tornati in massa. La marijuana e l’hashish sono diventati un’attrazione. A settembre, a dispetto dei divieti, si è tenuto un grande festival della ganja (come è anche chiamato «il fumo»). Si è trattato di un happening a base di spinelli che si è tenuto in un hotel della regione settentrionale di Ketama. I manifesti che lo pubblicizzavano mettevano in mostra una bella foglia di cannabis, ma nessun agente si è preso la briga di sequestrarli né di vietare la manifestazione.

Per la regione, le foglioline di cannabis sono l’unica ricchezza. «Qui – spiega un coltivatore -, il clima è molto speciale e non cresce nulla eccetto il kif. Per questo è diventato per noi una fonte di reddito». I piccoli commercianti e le guide prive di licenza si rivolgono ai turisti per offrire loro hashish o un tour delle fattorie vicine per incontrare i «kifficulteurs», i produttori locali di cannabis. Le pensioni di Chefchaouen offrono un servizio simile per circa 15 euro, anche se fanno attenzione a non menzionarle nei loro opuscoli. «Qui, fumi dove vuoi – conclude un agricoltore -, eccetto davanti alla stazione di polizia».

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