Il salto di qualità di Boko Haram

di Enrico Casale
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Boko Haram non si è mai fermata. Se ne parla meno e quando si parla di questa surreale setta adesso è per raccontare delle ragazze rapite a Chibok che sono tornate a casa. Non si parla dei continui attacchi. Pochi giorni fa quattordici persone sono rimaste uccise e 24 ferite in un attentato suicida in un centro di accoglienza nel nord est della Nigeria, nella località di Dikwa, nello stato di Borno.

Quest’ultimo attentato suicida segna, ancora una volta, un salto in avanti nella ferocia e nel cinismo di Boko Haram: colpire i campi profughi e i centri di accoglienza che traboccano di civili – soprattutto donne e bambini – è una delle cose più semplici e meno rischiose. Dopo gli attacchi con le bambine kamikaze e i rapimenti in massa questo è un altra delle azioni su cui questa formazione jihadista mette il suo copyright.

Boko Haram ha perso territorio nell’ultimo anno, ma come era prevedibile, ha accentuato la sua capacità di colpire con azioni terroristiche. L’ultimo clamoroso attacco militare di cui pochi hanno parlato e ancora meno hanno compreso la gravità è stato realizzato qualche giorno fa ad un convoglio di operatori petroliferi che, sotto una nutrita e armatissima scorta dell’esercito, andavano a realizzare prospezioni intorno al Lago Ciad dove ci sono centinaia di migliaia di profughi.

La prova dell’audacia e della capacità di fuoco di Boko Haram si comprende dal numero di morti: almeno settanta e decine di feriti. Sono anche stati sequestrati dieci tecnici tre dei quali sono comparsi in un video con il quale si chiede un riscatto.
Nello Stato di Borno e intorno al lago Ciad la guerra tra Boko Haram e l’esercito ha prodotto centinaia di migliaia di profughi. Un immenso serbatoio di potenziali migranti in un territorio ambito come dimostrano le recenti prospezioni petrolifere. Ambito anche da Boko Haram che deve avere compreso la valenza strategica dello scenario

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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