Il Nobel ad Abiy Ahmed. Un premio al coraggio

di Raffaele Masto

Il Nobel ad Abyi Ahmed premia un processo politico, non solo l’uomo che lo ha avviato. Un processo di riforme che sembrava impossibile e che invece, in appena un anno e mezzo – dal 2 aprile del 2018 – ha praticamente rivoltato l’Etiopia, trasformandola dal profondo.

Sembrava impossibile che in Etiopia l’etnia minoritaria, ma egemone da sempre sul piano politico, potesse cedere alcuni cruciali posti di potere. Invece è avvenuto. Sembrava impossibile che il mal sopportato cessate il fuoco con l’Eritrea si potesse trasformare in una vera pace. Invece è avvenuto. Sembrava impossibile che l’economia chiusa dell’Etiopia potesse aprire le porte a veri investitori esterni. Invece è avvenuto. Sembrava impossibile che migliaia di prigionieri politici potessero essere liberati. Invece è avvenuto.

Ecco, tutto ciò è merito suo, del suo coraggio e della sua determinazione. Che sia stata una impresa, che ci siano stati tentativi di resistenza lo testimoniano i tre falliti colpi di stato con relativi attentati alla sua persona che Abyi Ahmed ha dovuto subire.

Il Nobel premia questo coraggio e questa determinazione, ma soprattutto lo invita a continuare. Il Nobel è un modo per rafforzarlo, un modo per rendere più difficili e ardui i tentativi di fermarlo.

In questo anno e mezzo in Etiopia ci sono stati durissimi scontri tra tigrini, oromo, ahmara per la gestione della terra. Abyi Ahmed dovrà trovare un equilibrio e delle leggi democratiche che lo sanciscano. Il lavoro non è finito e il Nobel lo invita a continuare, forte del sostegno di un premio prestigioso e di ciò che questo significa.

Ma questo Nobel ha anche un altro profondo significato: è una dimostrazione all’Africa e alla sua società civile, ai suoi politici di opposizione, ai suoi giovani, ai suoi rapper, ai suoi studenti che si può cambiare, che ciò che appare impossibile può essere realizzato.

Questo Nobel, e il suo vincitore, parlano a tutta l’Africa. E l’Africa sta già rispondendo, con le lotte in Camerun, in Sudan, in Togo, in Gabon…

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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