Egitto – La pista inglese sul delitto Regeni, la prof   interrogata non convince

di Enrico Casale
Verità per giulio regeni

Un muro di gomma. La professoressa dell’Università di Cambridge, Maha Abdel Rahman, tutor di Giulio Regeni, è stata inamovibile. Ferma sulle sue posizioni di due anni fa: «Non ho fatto alcuna pressione sullo studente per la sua ricerca sui sindacati autonomi degli ambulanti».  E la morte del giovane friulano – sequestrato e torturato dalla polizia egiziana, ritrovato senza vita al Cairo il 3 febbraio 2016 – continua ad essere avvolta dal mistero.
Dopo aver interrogato la professoressa – grazie alla rogatoria internazionale, in collaborazione con i colleghi del Regno Unito e gli investigatori del Cambridgeshire – ieri gli inquirenti della procura di Roma le hanno perquisito l’ufficio e l’abitazione. Le hanno così sequestrato computer, pennette usb, hard disk e cellulare. Materiale che lei aveva rifiutato di consegnare due anni fa, in occasione dell’interrogatorio dopo il funerale di Giulio, a Fiumicello, in provincia di Udine.
E ora una domanda inevitabilmente s’impone: ammesso che i supporti digitali sequestrati contenessero informazioni preziose sul lavoro di Giulio Regeni, possiamo essere certi che non siano state cancellate? I periti della procura, in collaborazione con i poliziotti dello Sco e i carabinieri del Ros, su input del pm Sergio Colaiocco esamineranno minuziosamente i dispositivi informatici in modo «da fare – come precisato in una nota della procura guidata da Giuseppe Pignatone – definitiva chiarezza, in modo univoco e oggettivo, sul ruolo della professoressa nei fatti di indagine».
La professoressa ha «accettato di rispondere a tutte le domande poste dagli investigatori inglesi, confermando le dichiarazioni già precedentemente rese». Nota e stimata per le sue competenze in economia egiziana, esperta di movimenti politici e sociali d’opposizione, ha ribadito che «fu Giulio a scegliere il tema della ricerca». Quella tesi sui sindacati indipendenti sotto il regime di Abdel Fattah al Sisi che si rivelò fatale per il giovane friulano.
Eppure c’è qualcosa che non torna. In una chat di Skype del 26 ottobre 2015 tra Giulio Regeni e la madre Paola, il ragazzo sosteneva infatti che fosse stata proprio la docente ad insistere affinché lui svolgesse quella ricerca.
Maha Abdel Rahman dice dunque la verità? Per il momento resta persona informata dei fatti e non è indagata, ma è evidente che anche questa tranche dell’inchiesta, come quella delle indagini egiziane, rimane un capitolo aperto. La procura precisa tuttavia che «grazie alla piena e fattiva collaborazione con le autorità del Regno Unito, gli investigatori del Cambridgeshire ed italiani hanno proceduto ad effettuare le attività di indagine richieste dall’autorità giudiziaria italiana nell’ordine europeo di investigazione dell’ottobre scorso».
Elementi interessanti potrebbero, inoltre, emergere dall’analisi dei tabulati telefonici della professoressa, mobili e fissi, relativi al gennaio 2015 e il febbraio 2016 per ricostruire la sua rete dei contatti. Secondo la procura di Roma, Giulio Regeni avrebbe consegnato i dieci report della sua ricerca alla sua tutor, al Cairo il 7 gennaio 2016. Proprio lo stesso giorno in cui l’ambulante Mohamed Abdallah avrebbe filmato il ricercatore per conto della National Security. Ma la professoressa continua a non spiegare la ragione di quell’incontro con Giulio.
(11/01/2018 Fonte: La Stampa)

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