Dove sono finiti i miliardi degli investimenti cinesi in Africa?

di AFRICA

Gli ultimi mesi di rapporti delle varie organizzazioni sovranazionali hanno praticamente demolito il più moderno dei cliché affibbiati all’Africa, quello di un continente avviato verso lo sviluppo, verso le magnifiche sorti progressive del futuro. I dati pubblicati a sostegno dell’ultimo rapporto macroeconomico del World Trade Organization, cioè il WTO, descrivono un Africa che non lascia affatto spazio all’ottimismo.

Il reddito medio procapite è inferiore ai miseri tremila dollari all’anno in un continente che detiene il 70% delle ricchezze del mondo. Una cifra che non costituisce un apprezzabile potere d’acquisto nelle città africane e, ovviamente, nemmeno in qualunque paese europeo o nord-americano. L’Africa, dunque, continua ad essere un serbatoio piuttosto che un mercato.

Altro dato eloquente dello stato del continente è il fatto che la produzione manufatturiera africana equivale all’1% dell’intera produzione manufatturiera del pianeta. Un dato veramente trascurabile che ancora una volta descrive un Africa-Serbatoio. Il rapporto poi snocciola altri dati impietosi: sull’oltre un miliardo di abitanti del continente ben 621 milioni – poco più della metà – non hanno accesso alla luce elettrica. I tre quarti della popolazione – poco meno di 800 milioni di persone – non ha internet. L’80% del commercio avviene fuori dall’Africa e non, come ci si aspetterebbe, tra i paesi del continente.

Si potrebbe obiettare che però i dati macroeconomici mostrano una tendenza al miglioramento. Ma non è così: in Repubblica Democratica del Congo, per esempio, l’analfabetismo cresce invece che diminuire. In Sud Sudan nel 1970 c’erano trecento chilometri di strade asfaltate, oggi ce ne sono appena cinquecento. L’accesso alla sanità, all’acqua potabile, all’istruzione mostra delle flessioni in molti più paesi rispetto a quelli nei quali cresce.

Ci sono, però, anche dati positivi. Per esempio che l’età media della popolazione è di 19 anni, mentre l’età media dei presidenti al potere supera i 65 anni e che la crescita demografica farà aumentare i giovani e invecchiare le classi politiche. Dati questi che imporranno (oltre la volontà, o le resistenze, dei politici, al potere o all’opposizione) un cambiamento ineluttabile.

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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