Zimbabwe – Mugabe non lascia. L’opposizione: «Disponibili a un governo di transizione»

di Enrico Casale
proteste anti mugabe

Il presidente Robert Mugabe non avrebbe intenzione di lasciare il potere, nonostante sia da ieri sotto la sorveglianza delle forze armate. È quanto rivelato da fonti diplomatiche citate dalla stampa internazionale, secondo cui Mugabe avrebbe rifiutato la proposta di mediazione del sacerdote Fidelis Mukonori, insistendo sul fatto che resti “l’unico governante legittimo dello Zimbabwe”. Le stesse fonti non hanno fornito dettagli sui colloqui in corso, che sembrano mirati ad agevolare una transizione senza intoppi e senza spargimento di sangue per la successione di Mugabe, al potere fin dall’indipendenza dello Zimbabwe, nel 1980. Nel frattempo è iniziata a Gaborone, capitale del Botswana, la riunione d’emergenza della Sadc per mediare nella crisi in atto nello Zimbabwe, dove il capo dello Stato Robert Mugabe si trova da ieri agli arresti domiciliari, sotto sorveglianza dell’esercito. All’incontro, come riporta il sito web del quotidiano “NewsDay”, partecipano i ministri degli Esteri dei paesi membri della Troika dell’organismo, ovvero Angola, Tanzania e Zambia, nonché il ministro degli Esteri sudafricano Maite Nkoana-Mashabane, attuale presidente del Consiglio della Sadc nell’ambito della presidenza di turno del Sudafrica.

Ieri il presidente sudafricano Jacob Zuma, che ha avuto un colloquio telefonico con Mugabe, ha annunciato l’invio di due suoi ministri in Zimbabwe per mediare nella crisi. Nel frattempo il principale partito di opposizione dello Zimbabwe, il Movimento per il cambiamento democratico (Mdc), potrebbe prendere in considerazione l’idea di entrare in un governo di transizione dopo la deposizione del presidente Robert Mugabe, ma solo se saranno soddisfatte determinate condizioni. Lo ha dichiarato oggi il segretario generale dell’Mdc, Douglas Mwonzora, citato dall’emittente “Bbc”. “Per perseguire questa strada l’Mdc insisterà su alcuni punti: ammettere gli errori che sono stati fatti durante il governo di unità nazionale fra il 2009 e il 2013, che non è stato un vero accordo di condivisione; capire qual sarà il ruolo dell’esercito in un ipotetico governo di transizione”, ha detto Mwonzora. L’Mdc ha fatto parte di un governo di condivisione del potere con il partito di governo Zanu-Pf, a seguito delle elezioni contestate del 2008 in cui il candidato dell’Mdc, Morgan Tsvangirai, si aggiudicò il primo turno per poi ritirarsi dal ballottaggio.

Il presidente Mugabe, al potere dal 1980, si trova da ieri agli arresti domiciliari dopo che le forze armate hanno preso il controllo della capitale Harare. Ieri il sito web sudafricano “News24” ha riferito che Mugabe avrebbe raggiunto un accordo con i militari autori del presunto golpe per consentire a sua moglie di lasciare il paese. Nel mentre, il 93enne presidente dello Zimbabwe si starebbe preparando per annunciare le sue dimissioni. Ieri mattina l’esercito ha tuttavia negato che sia in corso un tentativo di colpo di Stato nel paese. In una dichiarazione trasmessa dall’emittente statale “Zbc”, i militari hanno precisato che la loro azione è mirata contro i “criminali” che circondano Mugabe. “Vogliamo assicurare al paese che il presidente la sua famiglia sono sicuri e la loro sicurezza è garantita. Stiamo colpendo solo chi ha commesso crimini che stanno portando sofferenze sociali ed economiche al paese”, si legge nella dichiarazione. Nel frattempo, secondo fonti locali citate dall’agenzia di stampa “Apa”, carri armati dell’esercito avrebbero bloccato l’accesso agli uffici dei ministeri, nonché al parlamento e ai tribunali della capitale Harare.

Lunedì scorso il capo di Stato maggiore dell’esercito, Constantino Chiwenga, aveva minacciato di intervenire nel caso in cui le “epurazioni” in corso nel partito Zanu-Pf, al potere nel paese, fossero andate avanti. In una conferenza stampa tenuta ad Harare insieme ad altri 90 ufficiali dell’esercito, Chiwenga, pur senza nominarlo direttamente, ha messo in guardia il presidente Robert Mugabe che la scorsa settimana ha rimosso dal suo incarico il vicepresidente Emmerson Mnangagwa, secondo i suoi critici per spianare la strada della moglie Grace verso la presidenza del partito. “Le attuali epurazioni in atto nel partito devono cessare immediatamente. Quando si tratta di proteggere la nostra rivoluzione, i militari non esitano a intervenire”, ha minacciato Chiwenga. Nel frattempo l’esercito ha negato che sia in corso un tentativo di colpo di Stato nel paese. In una dichiarazione trasmessa questa mattina dall’emittente statale “Zbc”, i militari hanno precisato che la loro azione è mirata contro i “criminali” che circondano Mugabe. “Vogliamo assicurare al paese che il presidente la sua famiglia sono sicuri e la loro sicurezza è garantita. Stiamo colpendo solo chi ha commesso crimini che stanno portando sofferenze sociali ed economiche al paese”, si legge nella dichiarazione.

La scorsa settimana lo Zanu-Pf ha ufficializzato l’espulsione dello stesso Mnangagwa dal partito. La decisione è stata annunciata dal portavoce del partito, Simon Khaya Moyo, secondo cui Mnangagwa “mancava di disciplina”. Il partito, ha detto Khaya Moyo, ha deciso “in modo unanime” e si occuperà ora degli altri “cospiratori”. La notizia è giunta dopo la partenza del vicepresidente deposto, il quale ha lasciato il paese dopo aver ricevuto minacce di morte. “La mia improvvisa partenza è stata causata da minacce incessanti alla mia persona, alla mia vita e alla mia famiglia da parte di coloro che hanno tentato di eliminarmi attraverso vari metodi, tra i quali l’avvelenamento”, si legge in una dichiarazione attribuita allo stesso Mnangagwa da Chris Mutsvangwa, capo dei veterani di guerra molto vicino all’ex vicepresidente. Mutsvangwa ha inoltre denunciato che il partito Zanu-Pf è ormai “di proprietà personale” del presidente Robert Mugabe ed è controllato da “piccoli pesci indisciplinati, egocentrici e autoreferenziali che derivano il loro potere non dal popolo né dal partito ma dai due individui che condividono il potere” (il riferimento è a Mugabe e alla first lady Grace).

In precedenza lo stesso Mutsvangwa aveva affermato che dietro la rimozione di Mnangagwa c’è la regia della first lady Grace Mugabe. Il licenziamento del vicepresidente era nell’aria dopo che l’ala giovanile del partito Zanu-Pf ha chiesto al presidente Robert Mugbabe di licenziare Mnangagwa per sostituirlo con la first lady Grace Mugabe, considerata la principale favorita insieme allo stesso Mnangagwa a succedere a suo marito alla futura presidenza del partito. La componente femminile del partito sta da tempo facendo pressione sul presidente Mugabe affinché rispetti lo statuto che prevede che uno dei due vicepresidenti sia una donna. Nel luglio scorso il presidente Mugabe aveva proposto che la conferenza annuale di dicembre si trasformasse in un congresso chiamato ad approvare le modifiche allo statuto del partito per creare una terza poltrona di vicepresidente. L’ultima vicepresidente donna del Zanu-Pf è stata Joice Mujuru, che in seguito è stata espulsa dopo che Grace Mugabe ha condotto una campagna contro di lei, accusandola di aver tentato di espellere il marito dal partito.
(17/11/2017 Fonte: Agenzia Nova)

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