Vaticano – 23 febbraio, Giornata di preghiera per il Congo e il Sud Sudan

di Enrico Casale
papa francesco in africa

Continuano ad arrivare da tutto il mondo le adesioni alla Giornata di preghiera per il Congo e il Sud Sudan che si celebra venerdì 23 febbraio. L’iniziativa rivolta a tutti i fedeli, è stata indetta da Papa Francesco durante l’Angelus di domenica 4 febbraio, proponendola anche ai cristiani delle altre Chiese e ai seguaci delle altre religioni. “Il nostro Padre celeste – ha detto il Pontefice in quell’occasione – ascolta sempre i suoi figli che gridano a Lui nel dolore e nell’angoscia, risana i cuori affranti e fascia le loro ferite”.

Congo e Sud Sudan segnati da crisi politiche
Le ferite inferte alla popolazione dei due Paesi africani sono quelle delle instabilità politiche e delle tensioni interetniche, spesso sfociate in atti di vera e propria guerra civile.
In Congo le violenze sono causate dai continui posticipi delle elezioni presidenziali. Il Presidente Joseph Kabila è ancora al potere sebbene il suo mandato sia scaduto nel 2016. A chiedere il ritorno alle urne è il comitato di coordinamento dei laici e in questo contesto, la Conferenza Episcopale congolese si è fatta promotrice di un lungo processo di dialogo tra tutte le forze politiche per porre fine all’impasse politica. Il risultato di tale iniziativa è conosciuto come l’”Accordo di San Silvestro”, firmato il 31 dicembre 2016 e poi disconosciuto dallo stesso Kabila.

La repressione delle Chiesa congolese
Il mancato rispetto degli accordi ha scatenato, a partire dal novembre 2017, un’ondata di proteste in tutte le principali città del Paese, duramente represse dalla polizia congolese. Durante una giornata di protesta il 30 novembre, sono state arrestate più di 200 persone tra Kinshasa e Goma, un manifestante è rimasto ucciso e diverse decine feriti. Il bilancio dell’ultima manifestazione del 21 gennaio, la “Marcia Pacifica dei Cristiani”, per chiedere il rispetto dell’applicazione degli accordi di San Silvestro e le dimissioni di Kabila è di 5 morti, un centinaio di arresti, 134 parrocchie accerchiate dalla polizia o dall’esercito di cui una decina con lancio di lacrimogeni, celebrazioni di Messe impedite o interrotte dalla polizia. Alla grave situazione politica si aggiungono gli annosi conflitti nel Kasai e nelle regioni orientali nella Repubblica Democratica del Congo, dove vi è una delle crisi umanitarie più complesse del mondo.

Mons. Utembi Tapa: il Papa è vicino al Popolo
La preghiera chiesta dal Papa funge dunque anche come un raggio di luce che mette a fuoco le necessità di queste terre. Apprezzamento è stato espresso dal clero locale, come conferma a Vaticanews mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza episcopale nazionale della Repubblica Democratica del Congo:

“Sappiamo che il Papa, come lo conosciamo, è molto sensibile e molto vicino a tutto il popolo di Dio, ovunque si trovi. Egli sa bene quello che succede nella Repubblica democratica del Congo: sa delle ondate di guerra, dei conflitti armati; sa quello che è successo e succede ancora nell’Est; quello che è successo nel Grand Kasai; quello che succede in altri luoghi del nostro Paese; sa dell’ondata di violenza che colpisce il Sud Sudan … Il Papa ne è informato e vuole essere vicino a tutti questi popoli e attirare l’attenzione della comunità nazionale e internazionale, vuole sensibilizzarla. Di fronte a questa miseria il Papa ci invita a invocare la misericordia di Dio: attraverso questa preghiera, il Papa ci invita a convertirci, chiede la conversione dei cuori: è un messaggio rivolto a tutti, ma in particolare a tutti coloro che sono implicati in un modo o nell’altro nella gestione e nell’accompagnamento di questo Paese, nella ricerca di strade pacifiche per uscire dalla crisi”.

Sud Sudan: 7 milioni in emergenza umanitaria
La situazione non va meglio in Sud Sudan. Il Paese è indipendente solo dal 2011 e nel dicembre del 2013 i contrasti politici sono precipitati in un conflitto, dopo che il Presidente Salva Kiir, di etnia dinka, ha accusato il suo vicepresidente Riech Machar, di etnia nuer, di aver organizzato un colpo di Stato alle sue spalle.
La combinazione di instabilità, guerra, siccità e una grave crisi economica, ha provocato una disperata mancanza di cibo, violenze diffuse e un massiccio esodo della popolazione tant’è che a febbraio 2017 è stato dichiarato lo stato più grave di “carestia” in diverse zone del Paese.
Le agenzie delle Nazioni Unite stimano che più di 7 milioni di persone (degli oltre 12 milioni di abitanti totali del Paese) necessitano urgentemente di assistenza umanitaria. L’Alto Commissariato delle Nazione Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha inoltre reso noto che dall’inizio del conflitto un sud sudanese su tre, ha cercato protezione sia all’estero sia entro i confini nazionali, il 90% sono donne e bambini.

(22/02/2018 Fonte: Vatican News)

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