Start-up: l’uomo che vuole sfamare l’Africa

di AFRICA
Start-up: l'uomo che vuole sfamare l'Africa

a cura di Valentina Milani

Start-up: l'uomo che vuole sfamare l'Africa«Voglio sfamare il Burundi. Poi, l’intera Africa». Un folle visionario? Tutt’altro. André Ndereyimana, burundese di 35 anni, dottorando con borsa di studio in scienze agronomiche all’Università Cattolica di Piacenza, ha ideato una start-up chiamata Smallholders’s Livestock Network (Rete dei piccoli allevatori di bestiame) che si è aggiudicata il primo posto al concorso Dr. Start-Upper 2015. «Con i duemila euro vinti ho dato vita all’impresa», racconta soddisfatto André.

Arrivato in Italia nel 2003, fuggendo dagli orrori della guerra civile, non si è mai dimenticato del suo paese. Oggi vuole tornare nel cuore dell’Africa per aiutare la sua gente in un momento peraltro particolarmente difficile a causa delle turbolenze politiche e dell’instabilità dovuta alla terza ricandidatura del presidente Pierre Nkurunziza.

Il suo progetto mira a sviluppare il commercio interno dei prodotti agroalimentari, promuovendo il lavoro dei contadini e degli allevatori burundesi. «Voglio creare una rete di piccole aziende famigliari a cui fornire microcredito e formazione per migliorare l’organizzazione e implementare la produzione», spiega Andrè. Il Burundi produce principalmente caffè, tè, zucchero, cotone e pellame. Ma la frammentazione delle suo apparato produttivo, l’uso di sementi e bestiame di cattiva qualità e la mancanza di infrastrutture adeguate mina le potenzialità di un territorio ricco di pascoli e terre fertili. Risultato: un paese a vocazione agricola si trova in deficit alimentare, in cima alla classifica delle nazioni più povere al mondo, con metà della popolazione che soffre la fame.

La scommessa di André è ambiziosa: «Punto a mettere in commercio prodotti ad alto contenuto proteico per far fronte alle carenze nutrizionali delle donne incinte e dei bambini. Intervenendo sulla qualità dell’alimentazione favoriremo la crescita di generazioni con piene potenzialità intellettive, quindi più attive, consapevoli e indipendenti», spiega il giovane burundese. «Fino ad ora hanno aderito una decina di famiglie, alle quali sono state date coppie di maiali che avevo comprato con i miei risparmi. Ma sono fiducioso e determinato: le famiglie aumenteranno e potremo iniziare ad allevare anche pecore».

Andrè, col sorriso sulle labbra, pronostica benefici anche per altri stati africani: «Il modello di sviluppo che propongo è riproducibile in tutti quei paesi dove agricoltura e allevamento sono a carattere famigliare e dove le risorse economiche sono limitate». Auguri: il Burundi ha bisogno di gente come lui.

 

Condividi

Altre letture correlate:

Lascia un commento

Accetto la Privacy Policy

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.