Migranti, tutto quello che c’è da sapere

di Enrico Casale
migranti

I migranti che hannomigranti raggiunto via mare l’Europa in questi primi sei mesi del 2015 sono stati più di 150mila: la quasi totalità degli arrivi, secondo le stime dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) è stata registrata in Italia (74.009) e in Grecia (75.970). Secondo i dati del Ministero dell’Interno italiano i migranti che hanno raggiunto le coste italiane dal 1° gennaio al 30 giugno 2015 stati 70.354 – un leggero incremento rispetto allo stesso periodo del 2014, quando i migranti soccorsi in mare nei primi sei mesi dell’anno erano stati 63.884. I principali paesi di origine dei migranti arrivati in Italia sono: Eritrea (18.676), Nigeria (7.897), Somalia (6.334), Siria (4.271), Gambia (3.593) e Sudan (3.589).
Questi arrivi hanno destato un allarme in gran parte immotivato. In questi giorni la Caritas Ambrosiana ha pubblicato un breve vademecum sull’immigrazione. Ve lo proponiamo qui di seguito perché manda in frantumi alcuni dei principali luoghi comuni sull’immigrazione e, soprattutto, sui profughi e i rifugiati.

I profughi accolti sono clandestini?
No, dal momento in cui sono soccorsi in mare e fino a quando non si conclude la procedura relativa, per lo Stato italiano sono richiedenti asilo e quindi hanno il diritto di soggiornare in Italia. Questo è previsto in generale dalla legge italiana, europea e dalle convenzioni internazionali (Convenzione di Ginevra 1951) per tutelare coloro che sono costretti a scappare dai loro Paesi per sfuggire a morte, guerre, persecuzioni, ecc.

Chi sono i «clandestini»?
Con il termine clandestini si intendono le persone che sono irregolarmente presenti in Italia (cioè non hanno un permesso di soggiorno valido). Quindi si definiscono clandestini o irregolari i migranti che sono in Italia senza aver mai avuto un permesso di soggiorno o che non hanno rinnovato un permesso di soggiorno valido ora scaduto.

Cos’è il permesso di soggiorno?
li permesso di soggiorno è il documento con il quale lo Stato italiano autorizza un migrante a vivere in Italia. Ne esistono diversi tipi a seconda dei motivi per i quali una persona straniera vuole vivere in Italia (lavoro, famiglia, studio) .Più del 90% dei permessi di soggiorno è rilasciato a lavoratori e ai loro familiari (lavoro e famiglia), solo una piccola parte è rilasciata ai cd. profughi.

Perché i profughi arrivano nelle diocesi?
Il sistema di accoglienza nazionale prevede che ciascuna Regione si «faccia carico» dell’accoglienza di un numero di profughi proporzionale alla propria popolazione di cittadini residenti; pertanto una volta soccorsi in mare e accolti nelle strutture di prima accoglienza i profughi sono inviati nei diversi territori direttamente dal Governo. A questi si aggiungono le persone che autonomamente e spontaneamente lasciano i centri di accoglienza e si muovono per l’Italia come accade, ad esempio, con i cittadini siriani che giungono alla stazione centrale di Milano.

Possono lavorare?
No, i profughi per i primi sei mesi non possono lavorare in Italia, l’attività lavorativa è possibile solo dopo che sono trascorsi sei mesi e solo se così è scritto sul permesso di soggiorno.

Quanto costa accogliere un profugo?
Per l’accoglienza di ciascun profugo lo Stato italiano può arrivare a spendere 35 euro al giorno, questo è infatti il costo massimo stabilito. Di questi, solo 2,50 euro al giorno (7,50 in caso di famiglie di 3 o più persone) entrano «nelle tasche» delle persone a titolo di «pocket money» (per un caffè, le sigarette, ecc.), il resto della somma viene erogato alla struttura di accoglienza che con quei soldi deve assicurare vitto, alloggio, pulizie, vestiario, igiene,insegnamento della lingua italiana, assistenza legale, una ricarica telefonica di 5,00 euro ogni 15 giorni e gli altri servizi previsti dalla convenzione che ciascuna struttura sottoscrive con la Prefettura di riferimento.

Quanto dura l’accoglienza?
La durata dell’accoglienza dipende da quanto tempo lo Stato italiano impiega per esaminare la domanda di asilo. Attualmente la procedura dura tra i due e i tre anni durante i quali i profughi continuano a rimanere nelle strutture di accoglienza che li ospitano.

I profughi accolti possono andare in altri Stati europei?
No, la legislazione europea (Regolamento Dublino III) prevede che lo Stato di primo arrivo (nel nostro caso l’Italia) provveda alla loro identificazione e, una volta identificati, provveda a valutare (a.(oro condizione di profugo. Durante l’esame delle domande le persone non posson<;> lasciare l’Italia per trasferirsi in un altro Stato UE.

Una volta riconosciuti come rifugiati possono trasferirsi in un altro Stato Europeo?
No, anche in questo caso devono rimanere nello Stato che ha riconosciuto loro la protezione (nel nostro caso l’Italia).

Siamo sotto invasione?
No, nella classifica dei Paesi industrializzati che accolgono più profughi,nel 2014 l’Italia era al 18° posto come incidenza delle domande di protezione in rapporto alla popolazione residente con 2.600 domande ogni milione di abitanti (al 1° posto la Svezia con 24.400 domande per milione di abitanti e la Germania al nono con 2.100 domande) e ha ricevuto il 10% di tutte le domande presentate nell’Unione Europea contro il 30% della Germania.
Se poi guardiamo al mondo intero vediamo che in Libano è rifugiato 1 persona su 4 (25%), in Giordania circa 1 persona su 1O, mentre in Italia l’incidenza dei rifugiati sul numero di abitanti è ricompreso tra lo O,15% e lo 0,2%.

Quali le debolezze del sistema italiano?
Il sistema di accoglienza italiano presenta alcune debolezze che incidono sulla percezione che l’intera popolazione ha del fenomeno migratorio. Innanzitutto la lentezza delle procedure di riconoscimento (dai 2 al 3 anni) e, connesso a questo, presenta un carattere fortemente assistenziale dove si privilegia l’assistenza materiale all’incentivo all’autonomia e che di fatto ostacola  il perseguimento di percorsi di indipendenza per le persone accolte.
Ancora il sistema dei rimpatri è assolutamente inefficiente e nei fatti puramente demagogico in quanto non si investe in modo significativo sulla collaborazione con i Paesi di provenienza pertanto di fatto è impossibile attuarli.

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