Libia – Tripoli condanna a morte il figlio di Gheddafi

di Enrico Casale
saif al islam, figlio di gheddafi

Saif al Islam, secondogenito di Muammar Gheddafi, è stato condannato alla pena di morte per avere represso le proteste pacifiche durante la rivoluzione del 2011 che ha messo fine al governo del padre. Saif al Islam, secondo l’agenzia di stampa libica, è stato condannato al plotone di esecuzione con l’accusa di «genocidio». Il tribunale ha
condannato a morte per fucilazione anche il capo dell’intelligence di Gheddafi, Abdullah al-Senussi, e il suo ex primo ministro, Baghdadi al-Mahmoudi. Il verdetto su al Islam è stato reso in contumacia perché il secondogenito dell’ex leader libico è detenuto da un ex gruppo di ribelli nella regione di Zintan che si oppone al governo di Tripoli, non riconosciuto dalle potenze mondiali. Ma Al Mabruk Qarira, ministro della Giustizia di Tobruk, il cui governo è riconosciuto a livello internazionale, ha affermato di non riconoscere il procedimento giudiziario e la sentenza di condanna a morte emessa da un tribunale di Tripoli nei confronti di Saif al Islam Gheddafi. Il governo di Tobruk considera il tribunale di Tripoli «illegittimo», perché si trova in una città che non è sotto il controllo dello Stato. L’ufficio diritti umani delle Nazioni Unite si è detto «profondamente turbato» per le sentenze.
Il processo era iniziato ad aprile 2014, prima dello scontro tra fazioni rivali che ha portato il Paese a nuove fratture e creato due governi paralleli a Tobruk e Tripoli. Il secondogenito dei nove figli di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, era stato catturato nel sud della Libia dopo tre mesi di fuga, il 19 novembre 2011, un mese dopo l’uccisione del padre a Sirte da parte dei ribelli: stava cercando di fuggire in Niger. Saif al-Islam non aveva alcun ruolo ufficiale nel governo, ma era considerato l’erede del rais e la figura più influente dopo di lui. Anche la Corte penale internazionale aveva emesso un mandato di arresto nei suoi confronti, per crimini contro l’umanità e violenze contro le proteste, chiedendo di processarlo. Le milizie che lo avevano catturato si opposero, determinate a processarlo in Libia. «Non ho paura di morire, ma se mi ucciderete dopo un processo del genere dovrete solo parlare di omicidio», aveva detto Saif al-Islam, secondo quanto riporta Bbc.
(28/07/2015 Fonte: Corriere della Sera)

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