La Chiesa ortodossa è di casa in Africa

di Enrico Casale
copto etiope

copti in egittoLo storico incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill avvenuto ieri, 12 febbraio, in una sala dell’aeroporto di Avana (Cuba), ha aperto nuove e, fino a pochi anni fa, impensabili strade di collaborazione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Una nuova prospettiva di dialogo ecumenico che può aiutare il cammino verso la pace e la difesa dei valori comuni. Ma questa apertura avrà ricadute anche sull’Africa? E, soprattutto, qual è la presenza dell’ortodossia nel continente? Se nell’immaginario comune, le Chiese ortodosse sono confinate all’Europa dell’Est e ad alcune regioni del Medio Oriente, poco si sa della forte presenza dell’Ortodossia in Africa. Una presenza antichissima nella parte settentrionale e orientale del continente e (molto) più recente nella regione subsahariana.

Copti, gli ortodossi discendenti dai faraoni
Nel Nord dell’Africa la Chiesa cristiana per secoli si è identificata con l’Ortodossia. Figlia dell’evangelizzazione di San Marco (discepolo di San Pietro), la Chiesa copta si sviluppò già a partire dal I secolo d.C. (il termine copto deriva dalla parola greca aigyptioi, con la quale i greci chiamavano gli egiziani). Nel suo seno si sviluppò il monachesimo occidentale, grazie a figure quali Sant’Antonio Abate. La Chiesa copta, alla quale si era unita quella etiope nata dalla predicazione di San Frumenzio, si staccò dalla Chiesa di Roma dopo il Concilio di Calcedonia che riconobbe la duplice natura di Cristo (uomo e Dio). I copti invece continuarono (e continuano) a professarsi miafisiti e a predicare che in Gesù Cristo c’è una sola natura, nata dall’unione della divinità e dell’umanità che le rende indivise. Nei secoli i cristiani d’Egitto, che da sempre si considerano i discendenti delle antiche popolazioni egiziane, hanno subito a partire dall’VIII secolo la graduale invasione araba e musulmana. Con l’Islam la convivenza non è mai stata e non è tuttora semplice e scontata. A partire dagli anni Settanta, con il primo incontro tra Paolo VI e l’allora Patriarca Shenouda III, sono invece migliorati i rapporti con la Chiesa cattolica. Anche la disputa sulla natura di Cristo è stata superata grazie a un documento comune tra cattolici e copti pubblicato nel 1988. Attualmente in Egitto, gli ortodossi rappresentano circa il 10% della popolazione (quasi 8 milioni di fedeli).
I copti sono invece la maggioranza della popolazione in Etiopia e in Eritrea. Le due Chiese sono rimaste unite a quella egiziana fino al 1959 quando si staccarono, per volontà del negus Haile Selassie, dal Patriarcato di Alessandria. A sua volta la Chiesa eritrea si staccò da quella etiope nel 1993 dopo l’indipendenza di Asmara da Addis Abeba.

Dalla lotta per l’indipendenza all’evangelizzazione
prete ortodosso in KenyaMolto più recente invece è la presenza dell’Ortodossia nell’Africa subsahariana. Fino all’inizio del XX secolo, la presenza di religiosi ortodossi a Sud era limitatissima e legata, soprattutto, agli spostamenti dei mercanti greci. Negli anni Trenta alcuni metodisti delusi dal razzismo presente nella loro Chiesa fondano in Sudafrica la Chiesa ortodossa africana. Inizialmente non si trattò di una vera Chiesa ortodossa, ma i suoi membri si riconobbero subito nella lettura teologica ortodossa, tanto da chiedere di entrare a far parte del Patriarcato di Alessandria che, da sempre, aveva giurisdizione sul continente. Alessandria diede il suo assenso. Da quel momento le vicende di questa Chiesa si intrecciarono con quelle della lotta contro il colonialismo. Gli ortodossi lottarono per l’indipendenza del Kenya e dell’Uganda e pagarono duramente questa loro posizione. Molte chiese vennnero chiuse e molti religiosi arrestati. In quel periodo nacque una forte amicizia tra Jomo Kenyatta, padre dell’indipendenza del Kenya, e l’arcivescovo Makarios, che lottava per la fine del dominio britannico su Cipro. Non è un caso che, proprio a Nairobi, nacque il primo seminario ortodosso dell’Africa subsahariana fondato su un terreno donato da Kenyatta, con fondi raccolti da Makarios e dal Patriarcato di Alessandria. Con le indipendenze dei Paesi africani, si sviluppò anche l’azione evangelizzatrice ortodossa attraverso la predicazione, i progetti di sviluppo, l’assistenza medico-sanitaria, la costruzione di istituzioni scolastiche. Metodi non dissimili da quelli utilizzati dai missionari cattolici o riformati. Presenze ortodosse si sono fatte consistenti in Repubblica Democratica del Congo, Ghana, Kenya, Madagascar, Nigeria, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Attualmente sono presenti dodici arcidiocesi e cinque diocesi. Tutte rispondono al Patriarcato di Alessandria d’Egitto. In Africa però manca un tipico elemento della spiritualità ortodossa: i monasteri. Nonostante alcuni monaci e monache abbiano lavorato nel continente, non è però, mai stato fondato alcun monastero.

Insieme per la pace
Quali ricadute avrà l’incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca? Difficile dirlo. Certamente i buoni rapporti favoriranno una maggiore collaborazione a livello internazionale sui temi della pace. Inoltre, come ha più volte detto Papa Francesco, se i cristiani si presentano uniti, questa unione non può che aiutare e rafforzare il dialogo con le fedi non cristiane. In primo luogo, l’Islam. In parte questo già avviene in Egitto e in Etiopia, dove la Chiesa cattolica intrattiene ottimi rapporti con quelle copte. Ma la strada è aperta. E il cammino è appena iniziato.

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