Il maratoneta che batte l’età e la sabbia del deserto

di Enrico Casale
Marco Olmo

Il solo fatto che abbia partecipato è una notizia. Che abbia vinto è un’impresa. Marco Olmo, 68 anni compiuti, non solo è arrivato al traguardo della Marathon des Sables 2017 ma, piazzandosi 29° assoluto, ha dominato la categoria «Veterani».

Olmo, cuneese, è un affezionato della massacrante corsa nel deserto (250 km nel deserto marocchino, suddivisi in sei tappe). Quest’anno era la ventiduesima volta che partecipava. Ma l’edizione 2017 è stata piena di soddisfazioni. «Come ho iniziato? – dice – Per caso, grazie a una sfida tra amici del paese. Mi è piaciuto sempre di più e nel 1996 la Invicta mi ha proposto di partecipare alla mia prima Marathon des Sables. Così sono entrato nel vortice».

Fisico asciutto, corre un’ora e mezza o un’ora e quaranta minuti al giorno, poi ogni 8-10 giorni, allunga il tragitto per preparare le gare con distanze maggiori. Purtroppo, afferma con rammarico, ha dovuto ridurre l’allenamento, «dieci anni fa facevo almeno due ore al giorno».

Olmo è uno dei più grandi specialisti al mondo di corse estreme. Nel curriculum, dopo il primo posto ottenuto alcuni mesi fa all’Ultrarail della Bolivia, vanta anche anche le imprese alla Desert Marathon in Libia e quelle all’Ultra Trail del Monte Bianco.

Ha una grande forza fisica, ma anche un equilibrio psicologico invidiabile. «Quando sento che il fisico è provato – ha detto in un’intervista a www.repubblica.it – rallento, cammino, mi rilasso un momento. La corsa è una gara in cui noi siamo sia il pilota che l’auto. Per questo è fondamentale sapersi gestire e capire se si è in difficoltà. Si può anche abbandonare, ma devi pensarci bene, perché poi non puoi più ricominciare. Attenzione, però, è solo una gara, non va mai messa a repentaglio la salute. Arrivare in fondo non dev’essere questione di vita o di morte. A volte vedo gente che giunge al traguardo con i piedi disfatti, zoppicando: non ha senso farsi del male. In ogni caso, la buona volontà conta soprattutto nel prepararsi, perché altrimenti si parte già perdenti. E la preparazione serve anche ad allenare la testa».

Marco ama il deserto: «A me piace correre. E correre nel deserto è la cosa più immediata che ci possa essere. Il deserto era lì prima del tartan e delle strade di New York, quindi una corsa nel deserto è più naturale della New York City Marathon». Secondo lui, come ha dichiarato al sito specializzato www.nonsolotrail.it,  è «il posto ideale dove una persona possa conoscere meglio se stesso, l’ambientazione, le situazioni nelle quali ti ritrovi, la gente che incontri negli accampamenti… tutto questo ti cambia profondamente, come atleta ma, soprattutto, come persona».

A trionfare la Marathon 2017 è stato il marocchino Rachid El-Morabity, trionfatore per la quinta volta, davanti al fratello Mohamed, terzo il britannico Thomas Evans. Il migliore tra gli italiani è stato Antonio Alongi, dodicesimo, davanti a Cristian Zanetti (24°) e Marco Olmo, ottimo 49° assoluto e primo della categoria dei «Veterani». Ma questa potrebbe essere la sua ultima volta: «Al momento ho deciso di smettere con la Marathon, però se qualcuno me lo chiedesse ancora…»

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