Etiopia, la doppia vittoria di Feyisa Lilesa, l’eroe di Rio de Janeiro 2016

di Enrico Casale
Feyisa Lilesa

Ricordate la foto di apertura di questo articolo? Ritrae l’atleta etiope Feyisa Lilesa che nel 2016, alle olimpiadi di Rio de Janeiro, sul traguardo della maratona nella quale arrivò secondo, alzò le mani e invece di agitarle per la vittoria, le incrociò nel coraggioso gesto che rimanda alla prigionia. Era una chiara allusione ai molti compagni che nel suo paese languivano in prigioni, arrestati da un regime che non tollerava opposizioni.

Oggi Feyisa Lilesa dovrebbe esultare. Il primo ministro etiope Hailemariam Dessalegn ha annunciato la liberazione di tutti i detenuti politici e la chiusura del famigerato carcere di Maekelawi dove molti di loro erano reclusi e al quale, probabilmente, il maratoneta etiope si riferiva.

Dessalegn ha fatto questo annuncio inaspettatamente e lo ha motivato con la necessità di favorire il dialogo politico interno e la promozione della democrazia. E’ più facile però che Dessalegn abbia fatto questo annuncio sulla base di un realismo politico dettato dalla insistenza delle proteste e delle manifestazioni anti-governative di questi ultimi mesi.

In Etiopia, fin dalla cacciata del dittatore Menghistu, nel 1991, sono al potere i tigrini, etnia minoritaria ma che fu determinante nella lotta di liberazione che si svolse in buona parte nel Tigrai, appunto, e poi si estese a tutto il paese fino ad Addis Abeba. Da circa 25 anni l’etnia maggioritaria degli oromo attende di entrare nelle stanze del potere, almeno come co-inquilini. Allo stesso tempo attende anche l’altra etnia dell’altopiano, gli amhara.

Fino ad ora il governo egemonizzato dai tigrini ha rifiutato qualunque concreta apertura. L’annuncio di Dessalegn per ora resta un annuncio da concretizzare.
Sulla carta Feyisa Lilesa – un oromo – adesso potrebbe rientrare nel suo paese. Subito dopo il suo gesto aveva dichiarato: “I miei parenti sono in prigione e per quanto mi riguarda se torno in patria, rischio la vita. Se non vengo ucciso, potrei finire in prigione”. In quel famigerato carcere di Maekelawi, appunto.

Siamo certi che Feyisa Lilesa attenderà di capire meglio cosa significa questo annuncio, se veramente si tratta di una conversione del regime, se veramente il governo deciderà di aprire un dialogo vero e se deciderà di condividere il potere.

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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