Etiopia 1936, quando gli svedesi si scontrarono con gli italiani. Su un campo di battaglia

di Enrico Casale
La partita di qualificazione ai mondiali di calcio 2018 vinta ieri sera dalla Svezia sull’Italia è stata intensa, molto agonistica e con qualche colpo basso. Ma era solo una partita di football. Un evento sportivo, nulla più. C’è stato un momento in passato in cui Svezia e Italia non si sono confrontati su un campo di gioco, ma su un campo di battaglia. L’episodio è poco noto ai più. Il teatro di scontro è stato l’Africa. L’Etiopia per la precisione. Siamo nel 1936. L’Italia di Benito Mussolini vuole conquistare il regno di Hailè Selassiè. Il fascismo cerca un posto al sole e un impero con il quale rivaleggiare con le potenze britanniche e francesi. Le truppe italiane attaccano l’Etiopia partendo dall’Eritrea e dalla Somalia. Di fronte si trovano un esercito che più che un’organizzazione militare è un’accozzaglia di bande, spesso scoordinate tra loro, che fanno capo ai ras locali. Ma non tutte le forze armate etiopiche sono così male organizzate. Negli anni, il negus neghesti ha cercato di modernizzare le sue truppe. E per farlo ha chiamato consiglieri militari stranieri. Tra essi gli svedesi. Stoccolma invia una propria missione composta da alcuni ufficiali. Quando il generale Emilio De Bono oltrepassa il Mareb e invade l’Etiopia, la Svezia richiama i propri ufficiali. «Ma uno solo di essi rientra – racconta lo storico e giornalista Angelo Del Boca ne “Gli italiani in Africa orientale. La conquista dell’Impero” -. Gli altri […] si dimettono dall’esercito svedese e continuano a far funzionare la scuola dei cadetti di Olettà». Il più coinvolto fu il capitano Tamm. Secondo quanto riporta Del Boca, Tamm accettò di organizzare l’estrema difesa di Addis Abeba «attestandosi con i suoi cadetti e con pochi reparti raccogliticci al passo del Termabèr e facendo saltare trenta metri di strada su uno dei più ripidi tornanti». Questa azione immobilizzerà Badoglio per due giorni. Curiosa anche la storia di Carl Gustav von Rosen. Di famiglia nobile, aviatore, allo scoppio della guerra si offrì come volontario per la missione della Croce rossa svedese. Con il suo aereo portò medicinali, evacuò feriti. Venne lui stesso ferito dai gas lanciati dagli italiani. In seguito condusse anche missioni di trasporto di armi e rifornimenti militari a favore dei guerriglieri etiopi contro gli italiani. Il suo rapporto con l’Etiopia fu così stretto che nel 1945 von Rosen venne richiamato per istruire i piloti della aviazione militare etiope. Storie di una guerra dimenticata. Oggi i rapporti tra Svezia e Italia sono ottimi. E, per fortuna, gli unici scontri avvengono su un campo di calcio.

La partita di qualificazione ai mondiali di calcio 2018 vinta ieri sera dalla Svezia sull’Italia è stata intensa, molto agonistica e con qualche colpo basso. Ma era solo una partita di football. Un evento sportivo, nulla più. C’è stato un momento in passato in cui, però, Svezia e Italia non si sono confrontati su un campo di gioco, ma su un campo di battaglia. L’episodio è poco noto ai più. Il teatro di scontro è stato l’Africa. L’Etiopia per la precisione.

Siamo nel 1936. L’Italia di Benito Mussolini vuole conquistare il regno di Hailè Selassiè. Il fascismo cerca un posto al sole e un impero con il quale rivaleggiare con le potenze britanniche e francesi. Le truppe italiane attaccano l’Etiopia partendo dall’Eritrea e dalla Somalia. Di fronte, si trovano un esercito che più che un’organizzazione militare è un’accozzaglia di bande, spesso scoordinate tra loro, che fanno capo ai ras locali. Ma non tutte le forze armate etiopiche sono così male organizzate. Negli anni, il negus neghesti ha cercato di modernizzare le sue truppe. E per farlo ha chiamato consiglieri militari stranieri. Tra essi gli svedesi.

Stoccolma invia una propria missione composta da alcuni ufficiali. Quando il generale Emilio De Bono oltrepassa il Mareb e invade l’Etiopia, la Svezia richiama i propri ufficiali. «Ma uno solo di essi rientra – racconta lo storico e giornalista Angelo Del Boca ne “Gli italiani in Africa orientale. La conquista dell’Impero” -. Gli altri […] si dimettono dall’esercito svedese e continuano a far funzionare la scuola dei cadetti di Olettà».

Il più coinvolto è il capitano Tamm. Secondo quanto riporta Del Boca, Tamm accetta di organizzare l’estrema difesa di Addis Abeba «attestandosi con i suoi cadetti e con pochi reparti raccogliticci al passo del Termabèr e facendo saltare trenta metri di strada su uno dei più ripidi tornanti». Questa azione immobilizza Badoglio per due giorni.

Curiosa anche la storia di Carl Gustav von Rosen. Di famiglia nobile, aviatore, allo scoppio della guerra si offre volontario per la missione della Croce rossa svedese. Con il suo aereo porta medicinali, evacua feriti. Viene lui stesso ferito dai gas lanciati dagli italiani. In seguito, conduce anche missioni di trasporto di armi e rifornimenti militari a favore dei guerriglieri etiopi contro gli italiani. Il suo rapporto con l’Etiopia è così stretto che nel 1945 von Rosen viene richiamato per istruire i piloti della aviazione militare etiope.

Storie di una guerra dimenticata. Oggi i rapporti tra Svezia e Italia sono ottimi. E, per fortuna, gli unici scontri avvengono su un campo di calcio.

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