Congo in rivolta contro Kabila. Quaranta decapitati nel Kasai

di AFRICA
Congo in rivolta contro Kabila. Quaranta decapitati nel Kasai

Nella Repubblica Democratica del Congo, i miliziani di una formazione della provincia del Kasai centrale hanno teso un agguato ad un convoglio militare, disarmato i poliziotti che erano a bordo dei veicoli e ne hanno decapitati quaranta. Sequestrate tutte le armi. Si tratta dell’attacco più sanguinoso contro le forze di sicurezza congolesi dall’inizio della ribellione in questa regione esplosa nell’agosto scorso.

L’attacco è stato sferrato da una formazione che si chiama Kawmina Nsapu. Dovrebbe essere la risposta all’uccisione del loro leader da parte delle forze di sicurezza congolesi, ma di fatto è l’episodio più sanguinoso di questo ennesimo conflitto interno che oppone il potere centrale ad una formazione nemica del presidente Kabila che minaccia di rimanere al potere nonostante i due mandati conclusi e la costituzione che gli vieta un terzo mandato.

In molti si attendevano una recrudescenza di questo conflitto che ha anche una forte componente etnica. Sei militari si sono infatti salvati perché parlavano thsiluba, cioè il dialetto locale. Il conflitto dunque è un misto di motivazioni locali e regionali alimentate però dal fatto che Kabila sembra sordo a qualunque richiesta di farsi da parte. Il Kasai è la regione centrale della Repubblica democratica del Congo, una regione ricca che è in sostanza il retroterra della provincia di Kinshasa, la capitale.

I disordini di fatto fanno comodo a Kabila che può denunciare una situazione di emergenza per non fare le elezioni. La rivolta nel Kasai – che ha già fatto diverse centinaia di morti e almeno 200mila sfollati interni – non è l’unica nella Repubblica democratica del Congo: ci sono sentimenti secessionisti nel ricchissimo Katanga, nel sud, disordini e contestazioni nella fascia orientale, nel Kivu del nord e del sud, e anche al nord, nell’Ituri. Insomma un paese a rischio esplosione innescata e alimentata anche da un dittatore che non se ne vuole andare. Esplosione che se avvenisse scatenerebbe una corsa alle immense ricchezze che il suo territorio custodisce con conseguenze devastanti in una vasta parte dell’Africa centrale.

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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