Armo, una sepoltura per ridare dignità ai migranti

di Enrico Casale
Il cimitero di Armo
La tomba di un migrante nel cimitero di Armo (Rc)

La tomba di un migrante nel cimitero di Armo (Rc)

Sono 45 tombe. Allineate e ben ordinate. Come le altre vengono curate, pulite, abbellite con un mazzo di fiori. Sono le tombe dei migranti ospitate ad Armo, piccola frazione di Reggio Calabria. Adagiato sulle colline, un lembo di terra scoscesa è ora il Cimitero dei migranti.

È nato su iniziativa del Comune e grazie alla cura del parroco della Santissima Maria Assunta, don Alain Alen, africano, dunque migrante anche lui. «L’obiettivo è di dare dignità a quelle persone. Se non l’hanno avuta da vivi, vogliamo fare in modo che ce l’abbiano almeno da morti», spiega Lina Guzzo, una religiosa scalabriniana della comunità di Reggio Calabria, congregazione che si occupa dell’assistenza a chi emigra e che ha prestato sin da subito la sua collaborazione per la realizzazione di questo spazio.

Nel cimitero di Armo, dunque, oltre alle salme del posto, ci sono 45 africani che sognavano l’Europa e che invece hanno trovato la loro morte in mare. Sono in maggioranza etiopi e nigeriani e tra loro ci sono quattro bimbi tra i due e i tre anni. Legata a uno di questi bambini c’è una storia speciale. Il giorno del naufragio (la scorsa primavera) il piccolo venne preso in braccio da un turista tedesco che sperava fosse ancora vivo. Lo sguardo spento però non promettevano nulla di buono. Il bambino infatti era già morto, ma l’uomo non poteva saperlo. Lo consegnò alle autorità sanitarie che, accertata la morte, portarono la salma al porto di Reggio Calabria. Il turista, che non sapeva della scomparsa del piccolo, iniziò una ricerca tra polizia e istituzioni per capire dove fosse finito e salutarlo. Gli venne detto che era stato sepolto ad Armo e qui venne a ritrovarlo.

Un giovane migrante morto in un naufragio nello Stretto di Sicilia

Un giovane migrante morto in un naufragio nello Stretto di Sicilia

«Quei monticelli di terra rappresentano storie, tutte diverse. Vogliamo dare dignità a quelle persone e abbiamo cominciato a farlo a partire da un fiore, che abbiamo voluto portare a ciascuno di loro – ha raccontato suor Lina -. Ora, con il parroco di Armo, abbiamo intenzione di fare un progetto dedicato. Tutte quelle vittime hanno bisogno di dignità». «Le cose belle non sempre fanno notizia – ha detto don Alain -. Con una decina di parrocchiani, più della metà signore anziane con qualche problema di salute, abbiamo dato una sistemata alle tombe dei nostri fratelli naufragati e continueremo a curarle».

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