07/08/13 – Africa – Stop alle discariche elettroniche

di AFRICA

Stop all’importazione di rifiuti pericolosi, in particolare di quelli elettronici, i cosiddetti ‘e-waste’. L’Africa corre ai ripari con la firma della Convenzione di Bamako, che prende il nome dal luogo della sua firma, la capitale del Mali, e che affronta temi quali il divieto di importazione in Africa, il controllo dei movimenti transfrontalieri e la gestione di questi rifiuti. Da anni, infatti, l’Africa è diventata la destinazione privilegiata di rifiuti derivanti da componenti e apparecchiature elettriche ed elettroniche in arrivo principalmente dal Nord America e dall’Europa.

Accra, Ghana, Nairobi, Kenya e Lagos le mete principali. L’incontro Bamako rappresenta un momento importante perché per la prima volta è l’Africa a prendere l’iniziativa e a chiedere un’azione rigorosa per arginare il fenomeno delle diffuse discariche di rifiuti elettronici, attraverso una decisione condivisa attraverso un trattato. In sostanza, la convenzione di Bamako chiede che tutte le nazioni africane si impegnino per migliorare o integrare la legislazione esistente allo scopo di prevenire il traffico illegale e indesiderato di rifiuti pericolosi sul proprio territorio; di creare e adottare una legislazione che renda i produttori di componenti e apparecchiature elettroniche legalmente responsabili del ritiro delle attrezzature; di considerare tutte le apparecchiature elettroniche usate e non funzionanti come rifiuti pericolosi e prevenire la loro importazione nel continente.

La Convenzione di Bamako è stata adottata nel 1991 ed è entrata in vigore nel 1998, ma solo ora, nel 2013, è stato possibile tenere la sua prima riunione prendendo finalmente in considerazione il problema delle discariche di rifiuti eleltronici. Attualmente la Convenzione è stata ratificata da Benin, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Costa d’Avorio, Comore, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Egitto, Etiopia, Gabon, Gambia, Libia, Mali, Mozambico, Mauritius, Niger, Senegal, Sudan, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda e Zimbabwe. – Adnkronos

 

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