05/06/13 – Centrafrica – “Niente diamanti di guerra”, Bangui annuncia moratoria

di AFRICA

 

Una moratoria sullo sfruttamento e la vendita “per non sentire più parlare di diamanti di guerra in Centrafrica”: lo ha annunciato Michel Djotodia, l’ex capo ribelle al potere dal 24 marzo con un colpo di stato della coalizione Seleka. Tra i provvedimenti che il presidente di transizione intende attuare c’è la creazione di una borsa dei diamanti centralizzata, il divieto di svolgere transazioni in contanti e controlli rafforzati sul settore per “moralizzare lo sfruttamento dei diamanti”. La decisione di Djotodia giunge a due settimane dalla sospensione del Centrafrica dal Processo di Kimberley, un sistema di certificazione internazionale della pietra preziosa di cui l’ex colonia francese è tra i primi cinque produttori mondiali. E’ stata annunciata mentre una riunione del Processo di Kimberley è in corso in Sudafrica fino al 7 giugno e durante la quale la situazione centrafricana verrà nuovamente esaminata.

Il mese scorso, durante il Consiglio mondiale dei diamanti svoltosi a Tel Aviv, gli operatori del settore hanno sospeso il Centrafrica “con effetto immediato”, poiché “dalla destituzione del presidente François Bozizé le operazioni di controllo e monitoraggio dell’estrazione diamantifera non sono più possibili”, in parte a causa dall’insicurezza diffusa sul territorio nazionale. Una decisione definita come “ingiusta e penalizzante” dal ministro delle Miniere e del petrolio Hervé Gotron Djono Habba. Secondo il ministro , il blocco delle esportazioni di diamanti – una delle principali fonti di introiti per il Centrafrica – è “una sanzione che non farà altro che complicare la gestione dello Stato e della transizione da parte delle nuove autorità”. Le autorità di Bangui non hanno più fondi come conseguenza della crisi politico-militare ma anche per gli sperperi di dieci anni di presidenza Bozizé. Alle istituzioni di transizione mancano liquidità per pagare stipendi arretrati dei pubblici dipendenti, far fronte all’emergenza umanitaria e ristrutturare le forze di sicurezza.

Sulla situazione del settore diamantifero, fonti dell’Alleanza per lo sviluppo degli operai minerari in Centrafrica (Adomc) hanno riferito al quotidiano locale ‘Journal de Bangui’ che “ora come ora il nostro paese non può garantire la trasparenza (…) i diamanti estratti nel nord-est sono esportati nei paesi vicini, in particolare il Ciad. Sappiamo – hanno detto – che una parte è stata destinata all’Italia e un’altra ai paesi del Nord Europa”. In passato la produzione centrafricana è già stata oggetto di sospetti sia per la corruzione dei vari regimi che per la presenza costante di gruppi ribelli nelle zone di estrazione della pietra preziosa.

Alcuni osservatori hanno, inoltre, suggerito che alcuni operatori delle settore diamantifero abbiano finanziato la ribellione Seleka (alleanza in lingua sango) per destituire Bozizé. Della coalizione ribelle, passata all’offensiva lo scorso dicembre, fanno parte miliziani centrafricani di fazioni dissidenti di gruppi storici ma soprattutto combattenti stranieri, del Ciad e del Sudan. La stessa rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Centrafrica, Margaret Vogt, ha evidenziato che “l’incapacità o la mancanza di volontà dei nuovi dirigenti nell’esercitare il controllo su comandanti locali e truppe (…) fanno del Centrafrica un riparo ideale per tutte quelle forze ribelli, anche straniere, interessate a sfruttare le sterminate risorse naturali”. Oltre che di diamanti l’ex colonia francese è anche ricca di oro e legname. – Misna

 

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